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Saluti romani per Mussolini

COMO/COMMEMORAZIONE AUTORIZZATA PER IL DUCE A DONGO, PROTESTE DELL’ANPI



di Mauro Butti

COMO. Da una parte “Presente” e saluti romani. Dall’altra “Bella ciao”, fischi e trombette da stadio. A 76 anni dagli eventi che segnarono la fine del fascismo, tra quei monti e quelle valli che il 28 aprile del 1945 videro l’epilogo di un’era, ieri a Dongo e Giulino di Mezzegra sono andate in scena contrapposizioni mai sopite in occasione delle due commemorazioni in memoria di Benito Mussolini e degli altri gerarchi fascisti uccisi nei due paesi sul lago di Como. Le cerimonie, organizzate dall’associazione comasca Mario Nicollini, sono state autorizzate da prefettura e questura e fortemente osteggiate da Anpi, sindacati e parlamentari di sinistra, che si sono ritrovati in piazza Paracchini a Dongo, dove il 27 aprile ’45 la colonna tedesca bloccata a Musso arrivò al capolinea, venne riconosciuto Mussolini e arrestati i gerarchi, fucilati il pomeriggio successivo. La ringhiera del lungolago è ancora quella di allora, con i fori dei proiettili lasciati a futura memoria. E proprio sulla ringhiera, una settantina di nostalgici in bomber e giubbetti neri ieri mattina hanno messo una rosa per ciascuno dei 15 fascisti uccisi e hanno posato due corone d’alloro: una per i gerarchi, l’altra, nel lago, dove trovò la morte Marcello Petacci, fratello di Claretta. Il tutto è durato pochi minuti, il tempo di qualche invettiva al megafono contro la parte avversa, e poi i nostalgici, inquadrati su tre file, hanno scandito ad uno a uno i nomi dei fucilati, accompagnato ciascuno dal saluto fascista e dal “Presente”. Dopo il suono del silenzio, la riunione è stata sciolta. Durante tutta la commemorazione, separati da un nutrito cordone di polizia e carabinieri, dall’altra parte della piazza transennata, alcune centinaia di manifestanti di Anpi, sindacati e associazioni di sinistra, che con bandiere rosse, tricolori e trombette da stadio hanno intonato Bella Ciao, fischiando, lanciando slogan e il grido “buffoni”. Nessun incidente, nonostante il clima di tensione. Nessun presidio antifascista e un numero maggiore di persone un paio d’ore più tardi a Giulino di Mezzegra, dove furono uccisi Mussolini e la Petacci. Per via della pandemia non è stata celebrata la messa, che dal 1984 era officiata dall’ex parroco don Luigi Barindelli, ora 92 enne e in casa di riposo (“dico la messa per ricordare due persone, non due personaggi” diceva), ma in memoria di Mussolini e Petacci l’attuale parroco don Luca Giansante ha impartito una benedizione sul sagrato della chiesa. Il sacerdote ha stigmatizzato le continue contrapposizioni a più di 75 anni di distanza e ha augurato una riappacificazione del clima di tensione. I manifestanti sono quindi scesi in ordine sparso (il corteo non era stato autorizzato), davanti al cancello di villa Belmonte, luogo in cui la storiografia ufficiale colloca la fucilazione, e dove una lapide ricorda la morte di Mussolini e Petacci. Qui hanno scandito per tre volte il “presente”, accompagnato dal saluto fascista. Poi tutti a casa, mischiati al traffico dei gitanti della domenica sul lago.

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