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Sanders “difende” Castro

PRIMARIE/“NON TUTTO FU MALE”, I SUOI AVVERSARI: “ERA UN DITTATORE”


di Ugo Caltagirone



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WASHINGTON. La Cuba di Fidel Castro? “Non è vero che fu tutto sbagliato”. Parola di Bernie Sanders, il senatore ‘socialista’ che sogna la Casa Bianca e sempre più lanciato verso la nomination.E pazienza se i suoi avversari, anche in casa democratica, lo accusano di difendere un dittatore. Come fanno gli altri candidati alla presidenza, con lui sul palco dell’ultima sfida tv prima del voto di sabato in South Carolina e il Super Tuesday di martedì 3 marzo, in cui si svolgeranno le primarie in ben in 14 stati Usa Sanders, forte di un ruolo di frontrunner conquistato con le prime vittorie e con l’ascesa vertiginosa nei sondaggi, sembra non aver paura di ribadire con coerenza quello che ha sempre pensato: fin dai suoi viaggi degli anni ’80 a Cuba o in Nicaragua, oppure nella Mosca sovietica. In una intervista del 1985 sostenne come “il popolo cubano non si sollevò contro il leader maximo perché lui gli diede l’educazione, e diede la sanità ai ragazzi, e cambiò totalmente la società”.Non ha cambiato idea l’ormai 78enne Bernie: “Siamo molto contrari alla natura autoritaria del potere a Cuba, ma è scorretto dire che tutto è male”, afferma il senatore, ricordando in particolare il programma per l’alfabetizzazione di massa avviato dal regime di Castro. Intanto sui social da giorni impazzano le immagini di un giovane Sanders entusiasta delle visite compiute nei Paesi del blocco sovietico quando era sindaco di Burligton, cittadina del Vermont. Il tentativo è quello di utilizzare le sue dichiarazioni dell’epoca, piene di simpatie per il regime castrista piuttosto che per quello sandinista, per rafforzarne l’immagine di un candidato alla presidenza inaffidabile e ‘pericoloso’.Un “comunista”, come lo ha definito senza mezzi termini Michael Bloomberg: “Fidel Castro ha lasciato un’oscura eredità di campi di lavoro forzato, repressione religiosa, povertà diffusa, plotoni di esecuzione e l’uccisione di migliaia di suoi concittadini. Ma certo, Bernie parla del suo programma di alfabetizzazione...”, attacca l’ex sindaco di New York. Non meno duro un altro dei candidati democratici moderati, Pete Buttigieg: “Dopo aver guardato con orrore per quattro anni Trump che si ingraziava i dittatori, abbiamo bisogno di un presidente che sia estremamente chiaro contro i regimi che violano i diritti umani all’estero. Non possiamo rischiare di nominare qualcuno che non riconosce questo”.Saranno i milioni di elettori democratici chiamati al voto tra sabato e martedì a dire se la coerenza ribadita da Sanders in questi giorni si trasformerà in un boome- rang nei suoi confronti. Intanto il confronto tv appare come l’ultima chance per alcuni candidati. Per Joe Biden quasi un’ ultima spiaggia: se non trionferà in South Carolina, dimostrando di poter davvero attrarre il voto dell’elettorato afroamericano, la sua corsa potrebbe giungere al capolinea. Mentre la senatrice progressista Elizabeth Warren ha le ultime possibi- lità di rubare la scena al ‘collega’ e amico di sempre Sanders. Il Super Tuesday, poi, dirà la verità su Bloomberg.

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