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Se non è stato Black Monday, quasi

Borsa/Ucraina, Fed e dati economici globali: Borse in profondo rosso



di Alonso Neri

MILANO. Rischi di scontro militare in Ucraina che potrebbe coinvolgere la Nato. Timori su un’imminente ‘stretta’ nella politica della Federal Reserve che potrà influire sulle scelte delle altre banche centrali. Dati macroeconomici dall’Europa e dagli Stati Uniti inferiori alle stime degli analisti. Si è realizzata così la tempesta perfetta per i mercati azionari, che da tempo viaggiavano sui massimi e che hanno corretto pesantemente, con Milano che è stata di qualche frazione la Borsa peggiore, con lo spread invece in sostanziale tenuta. Piazza Affari ha infatti chiuso la prima seduta della settimana con l’indice Ftse Mib in ribasso del 4,02% a 25.972 punti, dopo un minimo di giornata a quota 25.801, e l’Ftse All share in calo del 4,03% a quota 28.307. Ma sull’andamento non sembra aver influito l’incertezza politica dello stallo sul Quirinale. Anche le altre borse, infatti, hanno accusato stato un bagno di sangue, con Londra che ha provato ha contenere le perdite, ma ha comunque concluso in calo del 2,6%. Molto peggio hanno fatto Parigi (-3,9%) e Francoforte, che ha ceduto il 3,8% finale. Un ‘lunedì nero’ che, per i 600 titoli maggiori del Vecchio continente, si è tradotto in 386 miliardi di capitalizzazione persi in una sola seduta. Male sono andati tutti settori: i ribassi maggiori sono stati accusati dai titoli informatici, con l’indice europeo del loro comparto che ha ceduto quasi il 6%. Vendite anche sul lusso, mentre in Piazza Affari i titoli peggiori sono risultati Stellantis e Iveco, che hanno ceduto oltre sette punti percentuali. Le banche si sono mosse sostanzialmente in linea con il listino generale, mentre hanno provato a tenere le utilities (Hera e Italgas - 1,3%) a dimostrazione che il mercato non teme effetti troppo violenti sul settore dai prelievi degli extra-profitti per finanziare il contenimento delle bollette. I gruppi dell’energia hanno comunque in parte beneficiato dell’andamento delle materie prime di riferimento. Il petrolio infatti è debole ma resta sopra gli 80 dollari al barile, mentre il gas naturale è ovviamente rimbalzato sulle tensioni in Ucraina con un aumento del 17% a 93 euro al Megawattora. Piatto invece l’oro, che si muove attorno ai 1.840 dollari all’oncia, segno che per ora la tensione resta confinata ai mercati azionari con Wall street che ha passato anch’essa una prima parte di seduta pessima, toccando con il Nasdaq cali del 4%. Secondo gli analisti, le ricostruzioni che danno il presidente statunitense Biden pronto a inviare truppe, navi e aerei nei pressi del tesissimo teatro ucraino non piace ovviamente agli investitori. Che forse sono ancor più spaventati dalla prossima riunione del Federal Open Market Committee della Federal reserve, con l’attesa di comunicazioni importanti per la politica monetaria e forse anche sul programma di acquisto titoli. Pierre Veyret – analista tecnico di ActivTrades - ha segnalato che sui mercati continua l’incertezza, in vista di un’agenda estremamente fitta di eventi sul fronte macro, lasciando gli investitori cauti e in attesa di nuovi driver di mercato prima di prendere decisioni significative con le loro strategie di contrattazione. L’analista ha ricordato che il focus sarà sulla riunione del FOMC del 25-26 gennaio e ritiene che le importanti correzioni ribassiste della scorsa settimana sulla maggior parte degli indici possono essere viste come un segno che l’inasprimento monetario della FED era già stato prezzato. “Detto questo, le parole del presidente della FED, Jerome Powell, saranno analizzate con cautela al fine di ottenere maggiori indizi sul ritmo di rialzi dei tassi in arrivo e sulle riduzioni di bilancio, che potrebbero innescare una maggiore volatilità verso le attività percepite come più rischiose”, ha concluso Pierre Veyret. A deludere anche l’indice Pmi della zona euro e l’attività manifatturiera Usa. Nel primo giorno di voto per il Quirinale il rendimento del prodotto del Tesoro, con un leggero aumento nel finale di seduta, ha concluso all’1,28%, comunque sui livelli più bassi da una settimana. Finora insomma poche ripercussioni dal processo di scelta del prossimo presidente della Repubblica, anche se il Financial times insiste sul fatto che Draghi al Quirinale potrebbe garantire il percorso delle riforme. Con il quotidiano finanziario che se andasse diversamente ipotizza un indebolimento per il premier e quindi rischi di turbolenza sui mercati per l’Italia.

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