Senza “whatever it takes”
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
LA PRIMA ANTI-CRISI DI CHRISTINE LAGARD/BCE IN AIUTO MA PIÙ PESO ALLE BANCHE

di Domenico Conti
Niente ‘whatever it takes’, Bce in prima linea ma prudente di fronte all’impatto dirompente del coronavirus sull’economia europea, ricerca dell’unanimità fra i governatori. Alla guida dell’Eurotower da quattro mesi, Christine Lagarde aveva chiarito subito che nel suo mandato avrebbe voluto ricucire gli strappi creati a Francoforte da decisioni coraggiose e dirompenti, quelle di Mario Draghi, ma prese al costo dirinunciare all’unanimità. Ora, alla sua ‘prima’ di fronte all’esplodere di una crisi rischiosissima, quella innescata dal coronavirus, la francese mette ancora più in chiaro che la Bce non è più quella di Draghi: “non è nei miei piani passare alla storia per un ‘whatever it takes’ numero due”, ha detto ieri di fronte ai pochi giornalisti presenti alla conferenza stampa. E’ una frase che segna un cambio di passo. Certo, di quella promessa di Draghi che nel 2012 cambiò il corso della crisi finanziaria, resta in piedi la sostanza dell’Omt: il vero ‘scudo antispread’ ancor prima del quantitative easing.Forte di questa rete di salvataggio, con un’espansione record del proprio bilancio, con tassi a minimi record e ben più bassi che negli Usa, la francese alla guida della Bce punta - come accaduto ieri - a decisioni più unanimi nel Consiglio. Giunta sull’onda lunga dell’iperattivismo delle banche centrali dopo la grande crisi, il suo compito era anche quello di ‘rimettere la palla al centro’: fare della Bce una banca centrale che fa la banca centrale, anziché il baluardo delle sorti economiche d’Europa. In fondo la politica monetariaoltre un certo punto non può andare, le sue armi si mostrano spuntate. Soddisfare di volta in volta gli appetiti sempre più elevati dei mercati comporta rischi, senza necessariamente aiutare l’economia reale. La scommessa di Lagarde, il segno che vuol lasciare la sua presidenza - e qui viene in aiuto la passata esperienza alla guida del Fondo monetario internazionale - è in definitiva quella di costringere i governi europei all’azione. Ora tocca a loro - ha detto ieri Lagarde invocando “una risposta di politica di bilancio ambiziosa e coordinata”.La Bce farà la sua parte: i prestiti alle banche a tassi senza precedenti (fino a -0,75%), sono un estremo tentativo di far arrivare soldi a famiglie e, soprattutto, piccole e medie imprese che rischiano di venir spazzate via dall’impatto economico del coronavirus. Il Qe c’è, potrà - con la flessibilità concordata oggi - spegnere focolai di crisi come rischia di accadere in Italia. Ma senza i fuochi artificiali di Draghi. E i tassi non scendono: le banche, non solo quelle tedesche, sono stremate dai margini d’interesse ridotti all’osso.E, soprattutto, la svolta ora deve arrivare dai governi. E’ una scom- messa: perché se i governi non agiscono la Bce rischia di ritrovarsi col cerino in mano: una prima risposta arriverà dall’Eurogruppo di lunedì prossimo. La Germania fa aperture alla flessibilità. Ma tutti sanno quanto sia complessa la partita in gioco. Quasi un rebus: perché una vera svolta non è consentire all’Italia più spesa, ma creare un bilancio, e una governance economica, comuni.
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