Strage al largo della Libia
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
IMMIGRAZIONE/LE ONG LAMENTANO IL NON INTERVENTO DEGLI STATI COSTIERI

di Paolo Cappelleri
ROMA. “È stato come navigare fra i cadaveri”. La testimonianza diretta di Alessandro Porro racconta l’ennesima tragedia del mare, sulla rotta delle migrazioni dal Nord Africa: la Ocean Viking non è arrivato in tempo per salvare 130 persone annegate al largo della Libia, dopo due giorni su un gommone in balia dal Mediterraneo in burrasca, a lanciare invano richieste d’aiuto. Ignorate, secondo la denuncia di Sea-Watch International e altre ong.“Gli Stati si sono rifiutati di salvare i naufraghi”, accusa anche l’Organizzazione internazionale delle migrazioni dell’Onu. Il dramma porta l’Ue a chiedere più poteri, e in Italia diventa polemica di politica interna quando Matteo Salvini twitta che le nuove vittime sono “sulla coscienza dei buonisti che, di fatto, invitano e agevolano scafisti e trafficanti a mettere in mare barchini e barconi stravecchi, anche con pessime condizioni meteo”. Si crea così un nuovo fronte fra il leader leghista e gli alleati di governo. “Non è stato un incidente”, secondo Alarm Phone, il contatto d’emergenza in supporto alle operazioni di salvataggio, che per primo ha lanciato l’allarme: “Potevano essere salvati ma tutte le autorità consapevolmente li hanno lasciati morire in mare”. Mercoledì mattina, è la sua ricostruzione, Alarm Phone riceve la segnalazione di un gommone in difficoltà con 130 persone a bordo (incluse 7 donne, una incinta), partito la sera prima dal Al-Khoms, in Libia, e avverte il Maritime rescue coordination centre italiano, ossia la Guardia costiera, il Rcc di Malta, la guardia costiera libica, l’Unhcr e le navi di salvataggio delle ong impegnate nel Mediterraneo. Anche Frontex assicura di aver “immediatamente allertato i centri di soccorso nazionali in Italia, Malta e Libia”. “Alle 14.11 - prosegue Alarm Phone - il Mrcc it liano ci ha detto al telefono che avremmo dovuto informare le ‘autorità competentì’, ossia quelle libiche, che poi fanno sapere di essere alla ricerca di tre imbarcazioni in difficoltà. In serata, spiega ancora Alarm Phone, dal barcone raccontano di aver visto un aereo “e crediamo che fosse il velivolo Osprey di Frontex”. Poco dopo, le autorità libiche comunicano che le condizioni del mare impediscono le ricerche. “Di notte ci sono state onde alte sei metri - racconta Porro dalla Ocean Viking, la nave di Sos Mediterranee impegnata ora nella ricerca delle altre due imbarcazioni disperse -. Ho passato qualche ora in bagno a vomitare. Ero esausto, disidratato, a fatica sono tornato nel letto, ed ero protetto da una signora delle acque che pesa migliaia di tonnellate. Fuori, da qualche parte in quelle stesse onde, un gommone con 120 persone. O 100, o 130. Non lo sapremo mai, perché sono tutte morte”. Nelle operazioni di ricerca assieme a tre mercantili, l’equipaggio di Ocean Viking trova il gommone squarciato e una decina di corpi, riversi in acqua con indosso un inutile salvagente. “Gli Stati sono rimasti inerti e si sono rifiutati di agire per salvare le vite di oltre 100 persone - accusa Safa Msehli, portavoce dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni dell’Onu -. Hanno implorato e lanciato chiamate di emergenza per due giorni, prima di affondare nel cimitero blu del Mediterraneo. È questa l’eredità dell’Europa?”.
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