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Tassi, la Bce sta per cambiare idea

Economia/L’inflazione sembra indirizzare l’esecutivo ad un aumento



di Domenico Conti

ROMA. Il Btp tocca il 2% di rendimento, sui massimi di quasi due anni, lo spread ha sfiorato anche ieri quota 170 dopo i toni da ‘falco’ di due membri del Consiglio Bce. E la Fed evoca una stretta più aggressiva se l’inflazione non rallenta. “Presto sarà appropriato” alzare i tassi di interesse, si legge nei nei verbali della riunione della Fed del 25 e 26 gennaio. E “se l’inflazione non scende come previsto, potrebbe essere appropriato rimuovere la politica accomodante più velocemente di quanto anticipato”, spiega il documento aprendo anche a una “riduzione significativa del bilancio”. Sul fronte della Bce Isabel Schnabel, membro ‘di peso’ del Comitato esecutivo, tedesca ma non nota per posizioni ortodosse, invoca sul Financial Times una “attenta rivalutazione” delle prospettive d’inflazione (5,1% a gennaio contro un target Bce del 2%) e aggiunge: “Il rischio di agire troppo tardi è aumentato”. Con due argomentazioni destinate a influenzare il dibattito all’interno del Consiglio Bce prima della riunione del 10 marzo: i rincari “senza precedenti” delle case, un tema che agita i sonni delle autorità tedesche (ma che qualcuno derubrica a problema nazionale di vigilanza macroprudenziale) e il mercato del lavoro più solido che, assieme alla prezzi alla produzione, rende “sempre più probabile che l’inflazione si stabilizzi attorno al nostro obiettivo del 2% a medio termine”: urge dunque una normalizzazione della politica monetaria. Tutto dipenderà dalle nuove stime macroeconomiche 2022-2024 che la presidente Christine Lagarde porterà al Consiglio di marzo: di certo, con una disoccupazione ai minimi record, l’unico tassello mancante per portare l’inflazione al 2% nell’orizzonte al 2024 (ora all’1,8%) e alzare i tassi, è una rincorsa salari-prezzi. Il governatore (e consigliere Bce) lettone Martins Kazaks invece taglia corto: rialzo dei tassi quest’anno “molto probabile” anche se servirà cautela e gradualità. Un mix in grado di infiammare lo spread, se non fosse per un’intonazione più calma ieri sui mercati, con una chiusura di Borsa invariata a Milano dopo un avvio positivo, lo spread decennale italiano che conclude a 163 col rendimento all’1,91% dopo una puntata al 2%. Dopo le minute della riunione di gennaio della Fed, si attende per oggi l’intervento dell’esponente ‘falco’ James Bullard. Il balzo dei prezzi alla produzione Usa visto martedì

(+9,7% a gennaio) prelude al superamento del 7,5% d’inflazione, un livello d’allarme che rischia di precipitare la stretta attesa a marzo e la sequenza successiva di rialzi dei tassi. Una Fed così intonata verso il rialzo dei tassi provocherebbe un rialzo della curva dei rendimenti Usa con un effetto-trascinamento difficile da arginare in Europa. Proprio mentre da una parte il Governo in Italia si aspetta un livello di crescita più che robusto, oltre il 4%. Dall’altra fronteggia un quadro congiunturale “più complesso ed incerto” secondo Confcommercio, che nota la tendenza al rallentamento della crescita a febbraio con un’inflazione che l’associazione dei commercianti stima al 5,6%.”I dati del primo bimestre rendono sempre più concreta la possibilità di un’ampia revisione al ribasso della crescita per il 2022, rispetto agli obiettivi che nei documenti ufficiali sono fissati al 4,7%”, dice Confcommercio. “Ai problemi già noti, e ancora non risolti, derivanti dalle tensioni sui prezzi della materie prime, dalle difficoltà di approvvigionamento in alcune filiere e dall’incertezza sull’evoluzione pandemica si sono aggiunti, negli ultimi giorni, i timori di un conflitto Russo-Ucraino”. Situazione che secondo l’associazione dei commercianti rischia di “amplificare le tensioni sui prezzi al consumo” e dunque “i timori di repentine modifiche nella politica monetaria”.

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