Terzo Valico: 30 a giudizio
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
ANCHE SALINI E MONORCHIO. PER IL GUP LE GARE SONO STATE TRUCCATE IN MODO COSTANTE

GENOVA. Appalti truccati, mazzette, serate con escort, costi gonfiati. Ci sarebbe tutto questo dietro la realizzazione del Terzo Valico, l’alta velocità ferroviaria tra Genova e Milano, soprattutto per i tunnel tra Liguria e Piemonte. E per questo il gup di Genova, Filippo Pisaturo, ha rinviato a giudizio oltre trenta persone. Il giudice scrive che le gare sono state truccate in modo “costante”. A processo andrà, tra gli altri, Pietro Salini, amministratore delegato di We Build, l’azienda che con Fincantieri ha ricostruito il ponte di Genova, accusato di vari episodi di turbativa d’asta. “Ho appreso del mio rinvio a giudizio con molta amarezza. Ho sempre agito nel rispetto della legge e nell’interesse del Paese a cui sono destinate le grandi infrastrutture che costituiscono la passione della mia vita e della nostra azienda”, ha detto Pietro Salini “Webuild, che ho l’onore di dirigere, è parte lesa nel procedimento”, aggiunge Salini. Insieme a lui sono indagati il grand commis dei lavori pubblici italiani Ercole Incalza (turbativa d’asta) ; l’ex ragioniere dello Stato Andrea Monorchio (turbativa d’asta per aver fatto da sponsor al figlio) e Gian Domenico Monorchio (quest’ultimo indagato anche per corruzione); Michele Longo , ex presidente di Cociv, general contractor del Terzo Valico, partecipato a maggioranza da Impregilo; l’imprenditore Stefano Perotti ; Duccio Astaldi, patron di Condotte d’Acqua Spa. L’operazioneAmalgama, si sviluppa fra il 2014 e il 2016. Ci lavorano tre Procure: Firenze indaga sui rapporti degli imprenditori impegnati nell’Alta velocità in Toscana con i palazzi romani; Roma su corruzione e il sospetto di infiltrazioni di uomini considerati vicini ai clan; Genova sul filone del Terzo Valico. L’unico filone che va a dibattimento è quello ligure, ma incombe la prescrizione che per la turbativa d’asta scatta tra la metà del 20121 e i primi del 2022. Nella loro richiesta, i pm Paola Calleri e Francesco Cardona Albini descrivono così il sistema Terzo Valico: “Le gare venivano aggiudicate non applicando o comunque distorcendo le norme del codice degli appalti per favorire una determinata impresa a discapito di altre, per ragioni a volte correlate a patti corruttivi, oppure per motivi di interesse aziendale inerenti i rapporti con i due azionisti di riferimento del Cociv, Salini Impregilo Spa e Condotte d’Acqua”. Alcune tangenti vengono filmate in diretta dalla Guardia di finanza. È il 16 dicembre 2014. L’imprenditore campano Antonio Giugliano entra nell’ufficio dell’ex direttore generale Cociv Pietro Marcheselli. Ha una busta bianca in mano. In silenzio fa il segno del numero dieci con la mano: “Ingegne’, ecco la paghetta”. Di paghette, per gli investigatori, ne giravano parecchie. Per quei fatti hanno patteggiato in quattro, tutte pene sotto a i due anni: Marcheselli, il suo collega Maurizio Dionisi , Giugliano e un suo collaboratore. Un altro funzionario del consorzio, Giulio Frulloni , accusato di essere stato corrotto con escort, è deceduto a inchiesta in corso. Alle imprese amiche venivano svelate le offerte in anticipo, escamotage che consentiva di offrire anche “50 euro in meno”. “I vertici del Cociv - scrivono i pm - facevano riferimento a Pietro Salini, per ogni decisione di rilievo attinente a Cociv”. Nell’inchiesta va in scena anche una sorta di dinasty familiare. A Pietro Salini viene contestata l’esclusione del cugino Claudio (poi morto in un incidente stradale), e della sua azienda, la Salc. “Mi raccomando in tutti i modi di evitare che possa avere qualcosa”, dice lo stesso Salini a Longo, in una delle intercettazioni. I legali dell’imprenditore hanno sempre ribadito che il loro assistito si raccomandava semplicemente di scegliere società in grado di gestire maxi-appalti. La difesa di Salini ha rimarcato che “in tutte le conversazioni contestate si fa riferimento a appalti non modificabili: ci sarà modo di dimostrare la buona fede durante il processo”.
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