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Tokayev: golpe sconfitto

KAZAKHSTAN/IL PRESIDENTE: “HANNO PARTECIPATO CRIMINALI E MILIZIANI JIHADISTI”



di Alberto Zanconato

ROMA. Un tentativo di “colpo di Stato”, un’aggressione a cui hanno partecipato forze miste di criminali locali e miliziani jihadisti provenienti fin dall’Afghanistan e dal Medio Oriente. Le spiegazioni ufficiali non aiutano a capire la natura delle violenze che per giorni hanno investito il Kazakhstan. Ma un primo risultato, politico, lo hanno raggiunto: cementare l’alleanza tra la Russia, le ex Repubbliche sovietiche sue alleate e la Cina, uniti nel denunciare il pericolo del complotto straniero che mette a rischio i delicati equilibri dell’Asia centrale. In una telefonata il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov e il suo omologo cinese Wang Yi hanno denunciato le “interferenze di forze esterne”, con l’uso di “mercenari stranieri”. Piena “solidarietà” dunque al presidente kazako Kassym-Jomart Tokayev, nei suoi “sforzi per ripristinare l’ordine costituzionale”. Le stesse affermazioni uscite da un vertice online dei leader dei Paesi membri insieme al Kazakhstan del Trattato di sicurezza collettiva (Csto), guidato dalla Russia, che rispondendo ad un appello di Tokayev hanno inviato in Kazakhstan poco più di 2.000 soldati per aiutarlo a riprendere il controllo della situazione. Tutti uniti, dal presidente bielorusso Alexander Lukashenko a quello tagiko Emomali Rahmon, nell’affermare il ruolo indispensabile di questa alleanza militare che per la prima volta è stata chiamata all’azione. Le truppe del patto resteranno sul suolo kazako per un periodo “limitato”, assicura il presidente russo Vladimir Putin, che denuncia un attacco del “terrorismo internazionale”. Ma poi il capo del Cremlino ammette che il loro invio è un segnale contro chi fosse eventualmente tentato di fomentare nuove “rivoluzioni colorate” nel cortile di casa della Russia, sull’esempio di quelle in Ucraina, Georgia, Armenia e Kirghizistan degli anni passati. “Le misure prese con la Csto hanno dimostrato chiaramente che non permetteremo di far traballare la situazione a casa nostra”, rincara Putin. Un messaggio inequivocabile, come il suo destinatario: nel giorno dei colloqui con gli Usa a Ginevra, la Russia mostra a Washington quali siano le linee rosse che ritiene invalicabili. Questo, tuttavia, non fuga tutti i misteri su quanto avvenuto nei giorni scorsi, quando in Kazakhstan gli assalti armati ai palazzi del potere, a molte banche e centri commerciali - specie ad Almaty - hanno preso il posto delle proteste pacifiche per i rincari del carburante. Il presidente Tokayev ha denunciato la partecipazione alle violenze di “professionisti ben addestrati, cecchini con fucili speciali, terroristi travestiti da soldati e poliziotti”. Mentre le voci su presunte faide all’interno del regime continuano ad essere alimentate dal totale silenzio dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev, che Tokayev ha rimosso la settimana scorsa da capo del Consiglio per la sicurezza dello Stato insieme a diversi altri funzionari. Compreso il capo dell’Intelligence, Karim Masimov, poi arrestato. Secondo le autorità quasi 8.000 persone sono state fermate nelle violenze, mentre anche sul numero delle vittime, probabilmente diverse decine, regna la confusione. Dopo aver parlato di 164 morti, fonti di governo hanno ritirato questa cifra dicendo che è stata diffusa per “un errore tecnico”. Le vittime sarebbero dunque 44. Per loro il Paese ha osservato una giornata di lutto, mentre la vita ritorna lentamente alla normalità con la riattivazione di Internet, la ripresa della fornitura di generi alimentari ai negozi e delle transazioni bancarie online.

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