“Tornate all’accordo”
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
MESSAGGIO DI RAISI AGLI USA DURANTE LA PRIMA CONFERENZA STAMPA

di Alberto Zanconato
TEHERAN. “Tornate immediatamente all’accordo sul nucleare”. Questo il messaggio che Ebrahim Raisi ha lanciato oggi agli Usa nella sua prima conferenza stampa da presidente eletto iraniano, aggiungendo che la linea rispetto al governo uscente di Hassan Rohani non cambierà: “Continueremo a negoziare per la revoca di tutte le sanzioni e sosterremo ogni trattativa che garantisca i nostri interessi nazionali, ma non negozieremo all’infinito”. Parlando davanti a una platea di 380 giornalisti, tra i quali 180 stranieri, accorsi per raccogliere le prime dichiarazioni del futuro presidente ultraconservatore, Raisi ha anche risposto alle accuse di avere fatto parte delle cosiddette ‘commissioni della morte’, che alla fine degli anni ’80 mandarono all’impiccagione migliaia di oppositori, molti dei quali stavano scontando le pene detentive loro inflitte. Il presidente eletto, che a quel tempo era un procuratore, non ha confermato esplicitamente i fatti addebitatigli, ma ha affermato che ogni decisione è stata da lui presa per “difendere i diritti, la sicurezza e il benessere della nazione”. “Un procuratore o un giudice che protegge i diritti e la sicurezza della nazione - ha aggiunto Raisi - deve essere elogiato perché ha protetto la sicurezza del Paese”. Soggetto a sanzioni americane con l’accusa di violazione dei diritti umani, Raisi ha a sua volta puntato il dito contro Washington, affermando che “coloro che si presentano come difensori dei diritti umani hanno formato gruppi come l’Isis per attaccare il popolo” e dovrebbero “essere processati”. La prima conferenza stampa di Raisi era il momento più atteso dai tanti inviati dei media internazionali giunti a Teheran per seguire le presidenziali, che fino ad ora non lo avevano mai sentito parlare. Davanti a una folla di cameraman e fotografi, Raisi ha fatto il suo ingresso sul palco del modernissimo salone delle conferenze del centro culturale del potere giudiziario - di cui è capo - vicino alla Via Shariati, nel nord di Teheran. Indossando il mantello da ayatollah e il turbante nero dei Seyyed, cioè i discendenti di Maometto, il presidente eletto ha esordito con voce piatta, ma il tono ha cominciato a salire mano a mano che rispondeva alle domande sui due argomenti più spinosi per la comunità internazionale: i rapporti con l’Occidente, a partire dalle trattative sul nucleare in corso a Vienna, e le accuse di violazione dei diritti umani. “Una nuova situazione è emersa in Iran e (gli americani) devono sapere che la loro politica di massima pressione non funzionerà”, ha affermato Raisi. Quanto agli europei devono smettere di piegarsi alle “pressioni americane” e mantenere “i loro impegni” nell’ambito dell’accordo del 2015. Poi, però, si è detto pronto a proseguire la linea delle trattative portata avanti da Rohani. “Il mio team per la politica estera sta già studiando i rapporti degli attuali negoziatori”, ha fatto sapere. Alla domanda se sarebbe pronto ad incontrare il presidente Usa Joe Biden, ha risposto con un secco “no”. Ma anche qui nessuna novità rispetto al suo predecessore, che non volle vedere di persona l’allora presidente Barack Obama nonostante la firma dell’accordo del 2015 sul nucleare. Così come non è una novità il rifiuto di allargare le trattative al programma missilistico iraniano e alle attività delle milizie legate a Teheran in vari Paesi della regione, dal Libano all’Iraq, alla Siria. Del resto sarebbe ingenuo aspettarsi che la politica estera e nucleare dell’Iran possa cambiare per l’elezione di un nuovo presidente, poiché sulle questioni d’importanza strategica è la Guida suprema Ali Khamenei a decidere. Così Raisi conferma anche la linea delle trattative avviata da Rohani con l’Arabia Saudita, affermando di non vedere “alcun ostacolo” alla ripresa delle relazioni diplomatiche, interrotte nel 2016. Infine, un avvertimento ad Israele: “Prima che dell’Iran - ha detto Raisi - dovrebbe aver paura del popolo palestinese oppresso e della resistenza. E l’Iran ha sempre difeso gli oppressi”.
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