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Trattativa appesa ad un filo

EX ILVA/IL GOVERNO STA ELABORANDO UN PIANO, DOMANI L’INCONTRO




di Silvia Gasparetto

ROMA. Il destino dell’ex Ilva resta appeso a un filo. Il governo sta lavorando ‘pancia a terra’ per elaborare uno piano negoziale da mettere sul tavolo domani, quando potrebbe esserci il secondo incontro con i vertici di Arcelor-Mittal, mentre a Taranto la fabbrica già lavora a regime ridotto e si aspetta con sempre maggiore preoccupazione di capire come si uscirà dalla crisi. Intanto il governatore della Puglia, Michele Emiliano, chiama le parti sociali del territorio per valutare la situazione mentre i sindacati, in testa la Cgil, chiedono un impegno diretto dello Stato, anche con “una quota”, come dice Maurizio Landini, per evitare la chiusura. Il colosso franco-indiano, al momento, resterebbe fermo sull’intenzione di abbandonare l’Italia o, in alternativa, di rivedere i termini del piano industriale lasciando a casa 5mila lavoratori. Dal canto loro i commissari dell’Ilva in amministrazione straordinaria avrebbero già messo al lavoro gli uffici legali per presentare ricorso cautelare al tribunale di Milano contro l’iniziativa “improvvida e improvvisa” di Arcelor (come l’hanno definita in una lettera all’azienda del 7 novembre). E in settimana - possibile già oggi - dovrebbero chiedere ufficialmente al tribunale di Taranto più tempo per la messa in sicurezza dell’Altoforno 2 - sotto sequestro da giugno 2015 dopo la morte di un operaio - che altrimenti sarà spento tra un mese, il 13 dicembre. Senza un’intesa si rischia “la battaglia legale del secolo”, come l’ha definita il premier, Giuseppe Conte. Ma “pensare che questa vicenda si risolva nelle aule giudiziarie significherebbe avere già perso”, avverte Teresa Bellanova, capodelegazione di Italia Viva, ricordando che “il governo è garante e non controparte” in una vicenda che va “ricondotta alla normalità del confronto tra le parti”. ArcelorMittal, per la ministra dell’Agricoltura, va quindi riportata al confronto con i sindacati, con cui ha sottoscritto l’accordo lo scorso anno. Al momento, lamenta peraltro Landini, “ai lavoratori l’azienda non ha detto nulla” e anche il numero degli esuberi è stato comunicato ai sindacati dal governo. Se gli esuberi sono la mina che ha fatto deflagrare lo scontro tra azienda ed esecutivo, l’altro scoglio su cui rischia in questo caso di infrangersi la tenuta della maggioranza è quello dello scudo penale. Un “pretesto” utilizzato da Arcelor per alzare la posta, dicono ormai tutti tra i giallorossi, che però rimane un punto imprescindibile da portare al tavolo della trattativa. L’obiettivo del premier sarebbe quello di inserirlo in uno schema complessivo di intervento, e solo a patto che i Mittal ritornino sui loro passi soprattutto sugli esuberi. Un numero sensibilmente più basso, almeno la metà, si potrebbe alla fine anche gestire mettendo in campo corposi ammortizzatori sociali. E sul tavolo il governo potrebbe portare anche una ri- duzione dei costi per completare l’acquisto del polo dell’acciaio (un maxi-sconto sull’affitto o una dilazione sostanziosa delle rate che Arcelor ancora deve pagare). Ma politicamente rimane lo scudo il passaggio più delicato: Italia Viva presenterà un suo emendamento già al decreto fiscale (“a Mittal va tolto ogni alibi” dice ancora Bellanova), chiedendo di ripristi- nare la tutela legale piena ma anche una proposta di mediazione che abbia portata generale. Anche il Pd ha pronto e ancora ‘congelato’ una sua proposta di tutela “erga omnes” in caso di attuazione di piani ambientali ma aspetta ancora di capire quali saranno le mosse dell’esecutivo. Ma il premier vuole prima convincere i più riottosi tra i 5S, in testa l’ex ministra del Sud Barbara Lezzi, e incontrerà i parlamentari pugliesi prima del nuovo tavolo con Arcelor.

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