Trump, protesta è “feccia”
- direzione167
- 5 giu 2022
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Due morti a Chicago, sei agenti accusati di violenza ad Atlanta

di Ugo Caltagirone
WASHINGTON. Le immagini di Donald Trump che si rivolge alla nazione da una Casa Bianca assediata dai manifestanti e blindata da centinaia di soldati e poliziotti resteranno tra le più drammatiche della storia recente degli Stati Uniti. Quello del presidente americano è stato un monito durissimo contro i disordini esplosi in tutto il Paese dopo la morte dell'afroamericano George Floyd, fino a minacciare la mobilitazione dell'esercito, l'uso dei militari contro i cittadini per domare le proteste. Intollerabile per il tycoon l'immagine di un'America nel caos. "Io sono il presidente dell'ordine e della legalità", ha tuonato, parlando di "atti di terrorismo interno" orchestrati da anarchici e antifascisti e dicendosi pronto a ricorrere all'Insurrection Act del 1807, quello che autorizza il Commander in chief a schierare i soldati all'interno del suo stesso Paese. E mentre parlava dal Rose Garden, in sottofondo si sentiva il boato dei lacrimogeni esplosi per disperdere la folla accalcata davanti alla residenza presidenziale, nonostante il coprifuoco. Una folla che Trump ha voluto sfidare con un vero colpo di teatro: una copia della Bibbia mostrata al mondo dopo la breve 'passeggiata' fin sul sagrato della St. John Episcopal Church, di fronte alla Casa Bianca. Poco prima, per sgombrare il campo e mettere in scena lo show, agli agenti schierati era giunto l'ordine di caricare e allontanare chi protestava pacificamente. Inevitabile l'ennesima bufera sul tycoon. L'obiettivo di mostrare più che mai un'immagine di leader forte non è stato mai così palese. Altro che fuga nel bunker della Casa Bianca, come Trump era stato costretto a fare venerdì sera su consiglio degli agenti del Secret Service. Così Joe Biden parla dell'ego smisurato di un presidente che "fomenta l'odio" e alimenta "paure e divisioni". La sindaca e il vescovo della chiesa episcopale di Washington si dicono "scioccati e indignati" per quanto accaduto. E alcuni commentatori paragonano ormai l'inquilino della Casa Bianca a un 'Mad Emperor', rievocando la follia dell'imperatore Caligola. C'è poi chi, con titoli a caratteri cubitali, senza tanti giri di parole dà al tycoon del "despota fascista". Intanto, l'America è in fiamme. Per la settima notte consecutiva in decine di città si sono consumati scontri, cariche della polizia, aggressioni ad agenti, vetrine infrante, saccheggi e auto incendiate. Non serve a placare gli animi il fatto che anche l'autopsia ufficiale sul corpo di George Floyd parli adesso di "omicidio", riconoscendo che la vittima è morta in seguito alla pressione subita sul collo da parte degli agenti che stavano eseguendo il suo arresto. Per New York è stata una vera notte di follia con il cuore di Manhattan, dalla Fifth Avenue a Soho, mes- so a ferro e fuoco da quella che Trump ha definito "la feccia", attaccando il governatore Andrew Cuomo accusato di non aver fatto nulla per evitare la devastazione. Oltre 700 gli arresti nella Grande Mela, con il coprifuoco che è stato anticipato alle 8 di sera ed esteso fino al 7 giugno, misura senza precedenti. Gia nel primo pomeriggio, centinaia di persone avevano già invaso Police Plaza, dove si trova il quartier generale del New York Police Department. I manifestanti da lì hanno marciato poi a Foley Square, teatro delle mani- festazioni degli ultimi giorni. A Chicago, i disordini hanno fatto due vittime mentre ad Atlanta, una delle città più calde della protesta, sei agenti della polizia sono stati accusati di uso eccessivo della forza contro i manifestanti. A Louisville, in Kentucky, il capo della polizia è stato silurato dopo che un agente domenica ha sparato, uccidendolo, un afroamericano che manifestava. Ora si teme per l'ottava notte di caos, soprattutto a Washington, New York e Los Angeles. Intanto, il Center for Democracy and Technology, un'organizzazione no profit della capitale sostenuta da grandi aziende della tecnologia, ha impugnato in tribunale l'ordine esecutivo di Donald Trump sui social, sostenendo che esso viola il primo emendamento sulla libertà di espressione. Secondo il centro, si tratta di un provvedimento "chiaramente ritorsivo" contro Twitter, che aveva 'corretto' due tweet "fuorvianti" del presidente sui rischi di broglio con il voto per posta. Una nuova grana per il tycoon che vede erodere il suo peso sulle piattaforme online, da sempre un punto forte del suo appeal politico e della sua macchina elettorale.
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