Trump verso l’impeachment
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
CAMERA/MERCOLEDÌ IL VOTO: I DEM SI CONTANO, IL PRESIDENTE PREPARA LA DIFESA
di Serena Di Ronza

NEW YORK. Donald Trump si prepara all’impeachment: mercoledì 18 dicembre diventerà il terzo presidente nella storia americana ad essere incriminato. Il voto dell’aula della Camera, sulla carta, è scontato, nonostante le non poche difficoltà dei democratici. Ma non è destinato a mettere fine alla battaglia del tycoon contro l’establishment e i liberal: per giugno è infatti attesa la decisione della Corte Suprema sulle tasse di Trump. I nove saggi hanno accettato di esaminare il caso della diffusione o meno delle dichiarazioni fiscali del presidente, chiesta a gran voce dalla Camera e dalle autorità di New York. E le conseguenze della decisione potrebbero spingersi ben al di là delle sole tasse: secondo alcuni osservatori, in gioco c’è l’idea dell’immunità di un presi- dente di fronte a tutto e tutti, quella che i legali del tycoon rivendicano da tempo. La partita è decisiva per Trump visto che la decisione pioverà nel bel mezzo della campagna elettorale, con il rischio di sbaragliarla. Ma è anche un test per la Corte Suprema a maggioranza conservatrice e per la sua indipendenza. In vista del voto della Camera sull’impeachment intanto il tyco-on sta affinando la sua difesa lavorando con l’uomo divenuto simbolo dei repubblicani, l’artefice delle vittorie di Trump in Congresso: Mitch McConnell. Il leader della maggioranza conserva- trice al Senato ha detto chiaramente che per il processo della messa in stato di accusa è intenzionato a coordinarsi con i legali della Casa Bianca, scatenando la furia dei democratici. Ma i liberal guidati dalla speaker Nancy Pelosi sono al momento alle prese con una necessità più urgente: far tornare i conti alla Camera a maggioranza democratica sull’impeachment. Al di là delle defezioni già conclamate, ci sono molti altri deputati democratici in bilico e indecisi che, con il voto sulla messa in stato di accusa, si giocano la loro carriera politica. Si tratta dei parlamentari eletti negli swing states e nei distretti dove Trump ha trionfato nel 2016. Sono in tutto, dice Trump, “31 e dovranno rispondere del loro voto nel 2020”. Pelosi comunque ostenta sicurezza, forte dei 17 parlamentari che può permettersi di perdere al voto senza comunque perdere la maggioranza. I candidati democratici alla Casa Bianca attendono l’esito, dando per scontato che sarà oggetto del dibattito in programma giovedì prossimo a Los Angeles. Un confronto però a rischio a causa del contenzioso sindacale fra alcuni lavora- tori dell’università Loyola Marymount e la Sodexo, la società che ha in appalto alcuni dei servizi universitari. Tutti i candidati hanno annunciato che boicotteranno l’appuntamento nel caso in cui fossero costretti ad attraversare i picchetti dei lavoratori. Intanto è la vittoria di Boris Johson ad agitare la campagna elettorale dei dem. “Mostra cosa vuol dire spingersi troppo a sinistra”, tuona Biden riferendosi indirettamente ai pericoli posti dai ‘rivoluzionari’ Bernie Sanders e Elizabeth Warren. Il successo di BoJo è un “avvertimento” al partito, concorda Michael Bloomberg, dimostra come battere Trump non sarà esattamente una passeggiata.
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