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Veti incrociati sulla riforma

GIUSTIZIA/NO PER UN SOFFIO ALL’EMENDAMENTO DI FI. IL CSM BOCCIA L’IMPROCEDIBILITÀ



di Giovanni Innamorati

ROMA. Un inaspettato asse tra Fi e Lega, paladini del governo Draghi, e i gruppi di opposizione, ha rischiato di mandare in tilt la riforma Cartabia del processo penale prima ancora che si chiuda la delicata mediazione di Mario Draghi. Altro siluro arriva dal Csm che boccia la norma sulla improcedibilità.Potrebbero essere “rilevanti e drammatiche” le ricadute pratiche” della norma contenuta nella riforma del processo penale e della prescrizione. E la ragione è “la rilevante situazione di criticità di molte delle Corti d’appello, spiega la sesta sezione del Consiglio superiore secondo cui i due anni fissati per la durata massima del giudizio di appello, oltre la quale scatta la tagliola della improcedibilità, “sono largamente inferiori a quelli medi” che “oscillano dai 4 ai 5 anni”. Intanto,scampato il pericolo con un voto al cardiopalma in Commissione, rimane l’incognita sia sulla trattativa tra Giuseppe Conte e il governo, sia sui tempi di esame, visto che venerdì il provvedimento dovrebbe arrivare in Aula, anche se in Commissione non è stato votato nemmeno uno dei 400 emendamenti rimasti. Sta di fatto che agli avvertimenti ed ai veti dei 5 stelle si è aggiunta la mano pesante di Matteo Salvini che, dicendo sì all’emendamento di Fi, ha posto un altro importamnte paletto agli spazi di manovra di Palazzo Chigi. In mattinata, dopo che il presidente della Camera Fico aveva affermato come gli emendamenti di Forza Italia sull’abuso di ufficio fossero inammissibili per estraneità di materia, il capogruppo “azzurro” Pierantonio Zanettin aveva avanzato la proposta formale di ampliare il perimetro del ddl di riforma del processo penale ad altri temi. Ma oltre all’abuso di ufficio ha inserito anche una nuova definizione del pubblico ufficiale, anch’essa presente nel codice penale e non nella procedura. Secondo diversi parlamentari del centrosinistra la richiesta nasconderebbe l’intento di incidere sul processo Ruby ter, in cui l’accusa è quella di corruzione di testimone, che è un pubblico ufficiale. Oggi “sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa” (articolo 357 del codice penale). L’emendamento di Fi stabiliva che “sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano specifici poteri conferiti dalla legge esplicando una funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa”, formulazione che escluderebbe il testimone dai pubblici ufficiali. Dopo la richiesta anche Andrea Colletti di L’Alternativa c’è (gli ex M5s contrari a Draghi) ha chiesto, in chiave ostruzionistica, di allargare il perimetro della riforma a tutto il codice penale. Al momento del voto delle due proposte a Lega e Fi si è unito Fdi, L’Alternativa c’è, ma non Coraggio Italia, come hanno sottolineato Martina Parisse e il capogruppo Marco Marin. Coraggio Italia è stato dunque determinante per “salvare” in questa circostanza la riforma del governo. Anche Enrico Costa, di azione, che nel merito era d’accordo sul solo abuso di ufficio, ha votato contro per evitare di “affossare la riforma”. Sta di fatto che una delle votazioni è finita 23 a 21 e la seconda 25 a 19. Contro si sono schierati M5s, Pd, Leu, Iv, Azione. “E’ stato bloccato il tentativo di affossare la riforma” ha detto Anna Rossomando del Pd, mentre da Fi Antonio Tajani e Roberto Occhiuto hanno attaccato “l’asse giustizialista Pd-M5s”. Dentro Forza Italia c’è stato poi lo strappo di Giusi Bartolozzi. La deputata magistrata aveva espresso l’intenzione di votare in dissenso dal gruppo, per non far slittare la riforma a settembre. Il capogruppo Occhiuto l’ha rimossa dalla commisisone giustizia e nominata capogruppo in Commisisone Affari costituzionali, senza nemmeno avisarla. Di qui la sua decisione di abbandonare Fi e passare al Misto. Rimane la nebbia fitta sull’altro versante, quello della richiesta di M5s di modificare la riforma. Giuseppe Conte, incontrando i deputati, ha affermato che per il Movimento “sarebbe difficile” votare la fiducia senza modifiche a cui il governo lavora, come dimostra il nuovo incontro tra la Guardasigilli Cartabia e Draghi. L’ex premier ha anche evocato il voto della base come strumento di ulteriore pressione sull’esecutivo. Intanto, si lavorerebbe a uno “statuto” particolare per i reati di mafia e terrorismo, che già oggi ne hanno uno. Si osserva a via Arenula che una serie di reati di mafia sono già non prescrittibili, mentre per altri gli imputati il più delle volte sono già detenuti e per essi i processi hannno un canale differenziato. Insomma l’impatto sarebbe limitato e rientrerebbe nelle modifiche tecniche ammesse da Draghi e Cartabia. Ma sul piano politico sarebbe un successo per Conte che riuscirebbe a tenere insieme M5s. Su tutto incombe l’incognita tempi, visto che il testo è calendarizzato in Aula il 30 e solo il 28 si comincerà a votare i 400 emendamenti

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