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Zingaretti allontana la crisi

CONTE AVVIA LA VERIFICA INCONTRANDO LA DELEGAZIONE DEL PD. P5S CONTRO IL RIMPASTO


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di Michele Esposito

ROMA. Tutti a carte semi-scorperte, in attesa del redde rationem tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi. A Palazzo Chigi si apre la prima giornata della verifica di governo alla quale il premier è stato di fatto costretto per uscire dal cul de sac dello stallo permanente. Sono vere e proprio “consultazionI”, quelle che hanno luogo nella sede dell’esecutivo, con delegazioni numerose che Conte sceglie di vedere partendo rigorosamente dal gruppo con il maggior numero numero di parlamentari. Il convitato di pietra è soprattutto uno: il rimpasto. Né il M5S né il Pd nel corso dei due incontri del pomeriggio lo chiedono. Anzi, il capo politico del Movimento Vito Crimi pone un netto veto all’eventualità: “è un tema surreale, non siamo disponibili”. Il tema, in realtà c’è. Ma dovrà essere Iv a porlo, se vorrà. L’atmosfera su palazzo Chigi è sospesa. Nessuno, nella maggioranza, ha più la certezza che il governo andrà avanti. Lo stesso Conte, da chi lo incontra, è descritto come “consapevole” della crucialità di questa verifica. Le distanze sono diverse, anche tra M5S e Pd. Ma Nicola Zingaretti, dopo due ore di incontro tra le delegazione Dem e Conte allontana lo spettro della crisi: “L’incontro è stato molto utile, crdiamo che l’azione di questo governo debba andare avanti con una grande sintonia con i problemi degli italiani”. I temi, quindi, sono al centro dei primi due incontri della verifica del premier. Di temi parla il M5S, che vede nella sua delegazione anche la presenza di Luigi Di Maio e Stefano Patuanelli, anche per rafforzare (con il primo, soprattutto), la posizione politica di un Movimento ancora frenato dal cambio di leadership. “Abbiamo chiesto rispetto su misure molto importanti come il rinnovo dell’ecobonus, il conflitto di interessi, lo stop alle trivelle e l’abbassamento delle tasse”, sottolinea Di Maio bollando, come Crimi, “surreale” il dibattto sulle poltrone. Il M5S pone subito il tema del rimpasto sul tavolo con Conte. “Noi siamo contenti della nostra squadra di governo, se qualcuno non è contento della sua lo dica”, è in soldoni il messaggio recapitato. E la cabina di regia sul Recovery Fund, miccia che ha fatto esplodere gli equilibri della maggioranza? Il M5S non è contrario ma la struttura va rimodulata, parlamentarizzata e deve essere consentito ai singoli ministeri di approfondire i progetti, spiegano i pentastellati. I temi sui cui punta il Pd sono sensibilmente diversi e toccano nodi come quello delle riforme costituzionali e, soprattutto, della legge elettorale. E anche il delicato dossier della sanità, legato a doppio filo con l’attivazione del Mes. “Ma lo poniamo in maniera costruttiva”, è la prudenza di Zingaretti che rimarca come, anche con il Pd, a Chigi non si è parlato di rimpasto. E, poco prima, è Maria Elena Boschi, alla vigilia dell’incontro, domani alle 13, tra Conte e la delegazione dei renziani (con in testa lo stesso Matteo Renzi), a ribadire un concetto simile: “Il rimpasto non è all’ordine del giorno”. Eppure il fantasma di un ritocco alla squadra di governo si aggira come non mai nei Palazzi della politica. Secondo alcuni rumors di maggioranza circolerebbe addirittura l’ipotesi di Di Maio e un “big” del Pd vicepremier, con Renzi agli Esteri e l’ex capo politico all’Interno. Rumors che i diretti interessati negano in realtà con forza. Ad essere sicuri del proprio posto, però, non sono così tanti ministri: certamente lo sono Gualtieri, Patuanelli, Amendola e pochi altri. Il borsino dei possibili neo-ministri, tra i renziani, vede in salita le quotazioni di Ettore Rosato mentre nel Pd c’è sempre il nodo Mit. Eppure c’è chi nel M5S pensa che l’obiettivo di Renzi sia trasformare la maggioranza politica di Conte, magari con un allargamento a FI o al centrodestra. “E’ fantapolitica”, taglia corto Boschi. Ma solo oggi Conte capirà se Renzi vuole la crisi.

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