Anche la palla ha l’anima
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 4 min
L’ANALISI/NIKE-ADIDAS: TECNICHE E CARATTERISTICHE DIVERSE CAMBIANO IL GIOCO

di Andrea Pontone
ROMA. Per decenni il mondo ha contemplato il mito della sfera di cuoio, materiale oramai superato dal corso della tecnologia. Oggi, se non altro, si tratta di “plastica lavorata”, per parafrasare Gianni Rivera in un’intervista di qualche anno fa. Un aerostato senza propulsione, costituito da un involucro di tela o seta gommata, contenente un gas più leggero dell’aria: questa la definizione standard. Ma c’è dell’altro. Ogni angolo del pianeta ha la sua cultura, il suo modo di vivere il calcio: pertanto, le imprese produttrici hanno adeguato, negli anni, la lavorazione dei materiali a seconda delle richieste provenienti dalle rispettive platee. Come poco spesso accade, è l’azienda che si adegua al gusto del consumatore. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: quando (prima della pandemia, che - si spera provvisoriamente - ha distrutto una passione) i bambini giocavano a calcio per le strade o nei campi abbandonati, non esisteva di certo un solo pallone in tutto il mondo. Il più popolare era il “Super Santos”: arancione, con bande nere, dotato di prezzo accessibile per chiunque, quindi d’impatto globale. Per anni è stato uno slogan del Brasile e delle favelas, ma più in generale di ogni tipo di situazione povera, laddove l’amore per il calcio - correlato alla speranza di un futuro più roseo e luccicante - non ha mai cessato di mostrare i suoi colori più vividi. Un altro modello, ancor meno regolamentare in ambito professionistico, è il “Super Tele”: autentica plastica, tanto che la sfera è in grado di pennellare traiettorie incalcolabili nel suo attrito con l’aria, a maggior ragione se spira anche solo un fischio di vento. Entrambi i palloni appena citati sono prodotti dalla ‘Mondo’, celebre multinazionale italiana nata nello stesso anno della nostra Costituzione (il 1948) su iniziativa dell’imprenditore Edmondo Stroppiana. Da un continente all’altro, non si riescono neppure a catalogare le centinaia di prodotti, diversi ciascuno dall’altro, che concorrono insieme ad alimentare quotidianamente la passione per il Football nelle nuove generazioni, con parità di genere. Quanto ai palloni di gioco ufficiali, invece, esiste una regola? La risposta è nella trappola dell’equilibrio tra il “sì” scandito e una totale negazione. Vi sono, più che altro, delle indicazioni generiche legate alla produzione dello strumento con cui giocare, che si configurano semplicemente come delle specificazioni chimiche (indicazioni su materiali, composti, miscugli, temperatura di lavorazione e cucitura) ma anche di stampo fisico (resistenza al logoramento, princìpi di aereodinamica da rispettare e test sulla solidità, dovuta quest’ultima alla compressione e via dicendo). Motivi per i quali i prodotti della ‘Mondo’, ad esempio, sono irregolari nell’ambito professionistico. Il regolamento generico, dunque, non va oltre la modesta scrematura: è senza dubbio utile per garantire la regolarità dell’evento sportivo, ma si limita d’altro canto ad ammassare una serie di palloni nella stessa cerchia. A livello continentale, la vicenda è diversa. Da anni va di scena un’autentica Guerra Fredda tra UEFA e FIFA: il boicottaggio (tacito ma palese) del nuovo formato del ‘Mondiale per club’ da parte della federazione europea ne è la dimostrazione. La storia dei Mondiali insegna che l’Adidas, con i palloni, ci sa fare. Per fortuna, si direbbe, la stessa azienda fornisce anche la Champions League. Cos’ha di così soddisfacente? Semplice: il pallone dell’Adidas rotola. Molte altre sfere da calcio, no. Schizzano, oppure balbettano. Due termini semplicistici, ma perfettamente calzanti con l’andamento fisico di taluni palloni. Il campionato italiano di calcio, ad esempio, ha uno strumento che tende molto spesso a “schizzare”: quando, infatti, c’è da “far girare la palla”, nel palleggio le squadre faticano ad avere una piena padronanza del boccino di gioco, siccome la palla fatica a rotolare, ma semplicemente si sposta, senza compiere troppi giri su se stessa. Un vantaggio? Non si direbbe. Alcune marche offrono addirittura dei palloni che rimbalzano più e più volte su loro stessi, anche in occasione di un minimo passaggio. Dettagli, che però fanno la differenza. In occasione di Real Madrid-Atalanta, gara che ha assistito all’eliminazione dalla Champions League della squadra italiana, Fabio Caressa - noto commentatore sportivo di Sky Sport - ha affermato: “Il pallone è quello che ci sta facendo pagare in Europa: noi abbiamo un pallone più lento e meno pesante rispetto a quello che gira nel resto d’Europa”, come riporta Fanpage. Ma le sue parole non corrispondono al vero. In Italia, come in Inghilterra, vengono utilizzati palloni dal peso specifico di 420 grammi, modello “Nike Fght”. In Spagna invece si usa il modello “Puma Final 1”, con un peso leggermente superiore (430 grammi), lo stesso del pallone utilizzato in Germania. Nessuna discrepanza sostanziale, dunque, a differenza di quanto paventato dalla voce dell’emittente satellitare. La vera differenza, però, sta nel dualismo Nike-Adidas. Il pallone della Nike, infatti, è molto “moderno” e assai poco “artigianale”: esso è strutturato in modo tale che la palla “schizzi” e non “rotoli”. Ecco perché, quando si va in Champions League, tutte le squadre tendono a palleggiare con più fiducia nei propri mezzi e soprattutto con i giri giusti: il pallone della Adidas, infatti (che è anche quello dei Mondiali) è decisamente migliore, se non altro perché si tratta di un pallone che preserva la sua funzione preponderante, ossia quella di ‘rotolare’. Nel momento in cui viaggia (rasoterra o per via aerea), la palla della Serie A e di altre competizioni europee “combatte l’attrito” da un lato, ma dall’altro si rivela maggiormente artificiale. Un discorso che banale non è, ma di certo non si può affermare che le italiane siano penalizzate.
















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