Ciao caro Pablito
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 3 min
L’Italia e il mondo in lacrime per Paolo Rossi, l’eroe dei Mondiali del 1982 scomparso all’età di 64 anni vittima di un male inguaribile

ROMA. Il cognome di tanti, il destino di pochi. La fama dietro al pallone, quella per cui l'Italia e tutto il mondo ora lo piangono. Paolo Rossi, Pablito, è morto in ospedale a Siena, dove un male incurabile se lo è portato via troppo presto. Una partita persa, questa, a 64 anni a dispetto di tutte quelle che nella vita lo hanno reso un grande: anzi l'eroe, quello del Mundial '82. Capace di ribaltare i valori in campo, di segnare tre gol al colosso Brasile e traghettare la più piccola Italia al trionfo iridato. Eppure "Paolo Rossi era un ragazzo come noi..." avrebbe cantato Antonello Venditti anni dopo, celebrando quel centravanti normale, dal fisico esile e dalle ginocchia fragili, ma col fiuto del gol che solo i più grandi conoscono. "Ho fatto piangere il Brasile, in quella coppa c'è tutta la mia vita" raccontava spesso il ragazzo di Prato col sorriso e col garbo che da sempre tutti esaltavano insieme alle sue doti palla al piede. La morte è arrivata di sorpresa, nonostante la malattia che pure stava affrontando con coraggio e la convinzione di poterla domare. L'aggravarsi della situazione e nelle ultime ore tutto è precipitato. A dare l'annuncio la moglie, la sua seconda e inseparabile Federica Cappelletti, dalla quale ha avuto due bimbe (il primo figlio, oggi 38 anni nato proprio nell'82, avuto dal primo matrimonio). "Nel momento in cui stava morendo e non se ne voleva andare, io l'ho abbracciato forte e gli ho detto Paolo, adesso vai, hai sofferto troppo. Staccati, lascia questo corpo e vai. Io crescerò le bambine e porterò avanti i nostri progetti" le parole e il dolore della compagna. Un dolore che sta attraversando il Paese e il mondo intero. "Sono dolorosamente colpito dalla prematura scomparsa di Paolo Rossi, indimenticabile protagonista dell'Italia campione del mondo" nell'82, il cordoglio di Mattarella, che ne ricorda "garbo e umanità". Bandiere a mezz'asta dalla Figc, a Coverciano - la casa della Nazionale - ai comuni che ne hanno raccolto il passaggio, omaggi e cordoglio dalle sue squadre (Juve e Vicenza su tutte) e dalla Fifa, lacrime dai compagni che con Pablito hanno condiviso la gioia di salire sul tetto del mondo. "Se ne va un fratello" le parole di Antonio Cabrini, che con Rossi ha condiviso stanza ed emozioni in quei 40 giorni del mondiale spagnolo. "Un amico, era speciale" dice Dino Zoff. Marco Tardelli è un altro di quei ragazzi, quello dell'urlo, è distrutto dal dolore: raccoglie i messaggi nella chat, sta pensando ai fiori, in cui non mancherà un cenno al sorriso di Pablito. "Sempre e per sempre", è il suo messaggio postato con le foto più belle, un ricordo che fa scattare la richiesta popolare: ora fate Dino Zoff senatore a vita. A Tardelli ha scritto anche Michel Platini, compagno di squadra di Rossi ai tempi della Juve: "Era un grande, di talento, veloce e capiva il gioco" dice le Roi. L'omaggio arriva anche dal Brasile, quel Brasile eliminato e umiliato 40 anni fa. "Ci hai fatto piangere allora, ora piangiamo te" dice Paulo Roberto Falcao, star dei verdoro. Nella seconda vita si era reinventato opinionista, ma anche imprenditore: ritirato nella campagna toscana, a curare vigneti e coccolarsi l'amore della sua famiglia e delle bimbe, che ora hanno scoperto davvero chi fosse il loro papà per il mondo intero. Domani i funerali nel Duomo di Vicenza, con i limiti del Covid. Una carriera osannata da tutti, a cui nemmeno il calcioscommesse e pure la squalifica avevano tolto prestigio. Ha vestito le maglie di Vicenza, Como, Perugia, Milan e Verona, però diceva sempre che quella del cuore era la azzurra. Che ha fatto sognare e rendere magico un anno e quelli a venire, che fatto di una nazionale l'incarnazione di un Paese. Già, proprio quella maglia azzurra che ha reso il signor Rossi Pablito per sempre.
















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