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Inglesi, difesa di acciaio

SEMIFINALI/NON HANNO SUBITO GOL (E MAI PARTECIPATO ALLA FINALE)


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LONDRA (Inghilterra). La monarchia della difesa contro la repubblica del gol. A volerla vedere in termini di geopolitica, suona così la fase finale a Wembley di Euro 2020. E non solo perchè delle quattro squadre rimaste in corsa tre nazioni sono monarchie costituzionali (Inghilterra, Spagna e Danimarca) e una è repubblica. Ma c’è una Regina che reclama i suoi titoli - di giornale - per la finale four di Wembley. Ed è la difesa dell’Inghilterra di Southgate, in cinque partite ancora imbattuta. Dalla felice sorpresa seguita alla vittoria sulla Germania, che ha interrotto un sortilegio lungo oltre mezzo secolo, alla rafforzata convinzione sulle chance inglesi dopo il largo successo contro l’Ucraina, è stata a Londra e non solo un’altra notte di eccessi e festeggiamenti, tra fiumi di birra e caroselli che hanno accompagnato il poker rifilato alla nazionale diAndriy Shevchenko dai Tre Leoni, attesi contro la Danimarca alla terza semifinale europea della loro storia. Mai prima d’ora l’Inghilterra ha giocato una finale di un Europeo, mai come oggi a Londra e dintorni si respira un’atmosfera di contagiosa euforia, come se l’atto conclusivo di Euro 2020 fosse ormai l’inevitabile lieto fine di una favola già scritta. Sono diversi gli elementi che giustificato tanto ottimismo, a cominciare dai record stabiliti da Harry e compagni. Come quello riferito alla tenuta difensiva: non era mai successo che una semifinalista europea arrivasse così in alto senza reti al passivo. Cinque partite e la porta difesa da Jordan Pickford è ancora inviolata. Difesa ermetica e, dopo gli stenti iniziali, ora anche l’attacco è divenuto efficace: cinque gol nelle ultime due uscite, con il decisivo contributo del capitano Harry Kane, finalmente ritrovatosi: migliore in campo contro l’Ucraina con la sua doppietta, dopo il sigillo messo sul trionfo sui tedeschi nella gara precedenti. E ancora. A Roma Southgate ha avuto la conferma di poter contare su una rosa larga, forse la più completa rimasta in corsa per il titolo europeo: perso all’ultimo minuto Bukayo Saka, tra i migliori nella gara precedente, ha regalato l’esordio da titolare a Jadon Sancho, subito all’altezza. Non è un caso che al triplice fischio finale il primo pensiero del ct inglese sia andato ai panchinari e a chi finora non è sceso in campo: il gruppo, e più in generale tutto l’ambiente che circonda la nazionale inglese, appare granitico nella determinazione e nell’autostima. Una convinzione condivisa che ha favorito la riscrittura di una pagina di storia inglese: questa nazionale ha raggiunto due semifinali consecutive come in passato solo gli eroi di Wembley, campioni del mondo ’66, erano stati capaci. Ma non solo: tra il mondiale in Russia del 2018 e oggi, questo stesso gruppo ha chiuso al terzo posto la prima edizione della Uefa Nations League. A riprova che gli attuali risultati, tutt’altro che casuali, arrivano da lontano, e sono il frutto di un cambio di mentali- tà supportato da un’abbondanza di talento come raramente in passato. Che dunque giustifica l’euforica attesa per l’appuntamento di Wembley, mercoledì sera, contro la Danimarca. Avversario ideale per coltivare sogni di gloria, almeno nella spavalderia dei titoli dei tabloid. Ma non per una squadra che ha imparato a chiudersi a riccio, impermeabile agli umori cangianti di tifosi e stampa popolare. “L’anno scorso in Nations League abbiamo affrontato i danesi due volte, e non li abbiamo mai battuti: un pareggio e una sconfitta. Non vedo proprio come potremmo sottovalutarli”, la sentenza di Kane. Leader ritrovato, l’arma in più per questo finale di Europeo. Che si annuncia esaltante anche grazie alla riapertura di Wembley, che potrà accogliere fino a 60 mila spetta- tori (75% della capienza totale), in larghissima maggioranza inglese per via delle perduranti restrizioni, in vigore nel Regno Unito, ai collegamenti internazionali: chiunque arrivi dall’estero deve osservare un periodo di 10 giorni di auto isolamento. Solo i danesi, residenti sull’isola, potranno assistere alla partita: una sparuta presenza immersa nella tracimante esaltazione di chi, dopo aver codificato le regole del football, e vissuto decenni di ininterrotte amarezze e delusioni, finalmente intravede l’occasione per uno storico riscatto. Per riaffermare quella supremazia continentale, pur in ambito calcistico, che per il Premier Boris Johnson - abile nel cavalcare in questi giorni il fervore popolare, nonostante uno scarso interesse personale verso il football - rappresenterebbe una formidabile turbina di consenso, nel primo anno di Londra fuori dall’Unione Europea.

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