Pronti a riempire ilvuoto
- direzione167
- 5 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
AFGHANISTAN/MOSCA E PECHINO SI PREPARANO. DELEGAZIONE TALEBANA IN RUSSIA

di Mattia Bernardo Bagnoli
MOSCA. Gli Usa lasciano l’Afghanistan, tomba degli imperi, e l’intera area Centrasiatica è in subbuglio perché ogni vuoto, nella geopolitica, va riempito. E in fretta. La Russia, che in Afghanistan al tempo dell’Unione Sovietica ha conosciuto l’inizio della fine della sua grandeur, monitora da vicino e si muove. Per esempio ospitando una delegazione dei Talebani, sulla scia del processo politico di Doha. “Questi colloqui sono necessari”, avverte il Cremlino. Anche perché i Talebani ormai controllano “l’85% del Paese” e i due terzi del confine col Tagikistan - circostanza che desta le preoccupazioni di Mosca. L’ex repubblica sovietica, già protagonista del recente, breve conflitto col vicino Kirghizistan scatenato da dispute territoriali, ospita la 201/a base militare russa ed è legata a Mosca dal trattato di sicurezza co lettiva (o CSTO). Di fatto, dunque, è la ‘porta’ che permette al Cremlino di affacciarsi al nuovo grande gioco afghano. “Se necessario, misure aggiuntive decise saranno intraprese nello spirito dell’alleanza russo-tagika per prevenire aggressioni o provocazioni territoriali”, ha avvertito la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova. Ecco, la Russia, come minimo, non vuole che la transizione post-Usa si trasformi in un fattore di destabilizzazione in un’area tradizionalmente delicata, anche dal punto di vista delle suggestioni estremiste (le repubbliche ex sovietiche godono di un regime senza visti con Mosca); ma, al contempo, non disdegna di avere una voce in capitolo sull’assetto futuro di quel quadrante, sempre più rilevante alla luce dei corridoi commerciali creati dalla nuova via della seta cinese. “Penso che tutti abbiano accolto con favore gli accordi raggiunti tra Washington e i Talebani: vogliamo che siano rispettati”, ha commentato Serghei Lavrov, il capo della diplomazia russa. Loro, i Talebani, al momento sfoggiano un approccio quasi moderato. Da Mosca giurano di voler combattere l’Isis, di essere pronti a interrompere l’offensiva se si raggiungerà un accordo a Doha, di non voler prendere il potere con la forza e di non voler nuovamente trasformare l’Afghanistan, quando saranno al governo, in uno stato canaglia, buco nero per la sicurezza e la stabilità di Paesi terzi. Il Cremlino, che tuttora considera i Talebani come un’organizzazione terroristica bandita dal suolo russo, a domanda precisa sostiene che sia “prematuro” valutare l’ipotesi di riconoscere ufficialmente un loro eventuale governo. Si vedrà che evoluzione seguirà la situazione sul campo. La Cina, dal canto suo, non sta con le mani in mano. Gli Usa “sono ansiosi di ritirare le proprie
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