Rocco è uno di noi
- direzione167
- 5 giu 2022
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IL PRESIDENTE DELLA FIORENTINA COMMISSO IRRISO DA UN NOTO QUOTIDIANO SPORTIVO ITALIANO

di Domenico Delli Carpini
NEW YORK. E basta! Smettiamola con questi stereotipi. E giù le mani da Rocco Commisso. La classica goccia che ha fatto traboccare il vaso della mia pazienza è stato un infimo articolo pubblicato tempo fa dalla Gazzetta dello Sport, il quotidiano sportivo che fa capo al gruppo presieduto da Urbano Cairo, editore, imprenditore e proprietario del glorioso Torino. L’autore del «pezzo», banalizzando le parole del Presidente Commisso, con la più brutta, comune e infame delle parodie, quella del gangster che si è fatto strada, ha offeso non solo la sua ma anche la mia dignità e quella di milioni di italoamericani. Squallido, semplicemente squallido. Premetto che Rocco Commisso, italo calabrese di Marina di Gioiosa Jonica grande imprenditore dell’audiovisivo in America con la sua Mediacom patron della Fiorentina, è un amico di lunga data, da quasi mezzo secolo, forse più. A parte le esperienze di gioventù vissute nel Bronx, due cose ci accomunano più di tutte le altre: siamo nati nello stesso mese, nello stesso anno (anche se lui è più giovane di una settimana) e suo padre e mio padre hanno entrambi combattuto nella campagna d'Africa (forse addirittura fianco a fianco) e sotto un'unica bandiera, prima di essere fatti prigionieri dagli inglesi e trasferiti in Sud Africa a lavorare - come schiavi - nelle miniere. Ma che ne sa di tutto questo l'autore dell'articolo della Gazzetta? Da oltre due secoli ogni italoamericano - soprattutto se calabrese come Commisso o campano come me combatte contro il preconcetto del mafioso, impreziosito ovviamente di offese e insulti infiniti. È innegabile (ma non scusabile), che a foraggiare questo stereotipo siano i media in generale (giornali e televisione) e soprattutto Hollywood, che nel nome dell'arte cinematografica sbeffeggia e deride milioni di persone oneste; uomini e donne che si sono fatti dal nulla, nel rispetto delle regole e dei codici della decenza, colpevoli solo di avere una vocale alla fine del cognome. Ma la stampa italiana? Che ne sa di tutto questo l'autore dell'articolo della Gazzetta? Con quale autorità e per quale motivo si è preso la libertà di calunniare un uomo la cui storia di successo dovrebbe far inorgoglire i suoi connazionali in Italia? È un disegno architettato in modo tale da scalfire con perfida diavoleria sia l'uomo come la sua integrità, le sue origini (calabrese di Gioiosa Ionica cuore della splendida Locride devastata dalle mafie e dai luoghi comuni) la sua storia, il suo successo e soprattutto il suo carattere? Io credo lo facciano perché non l'hanno visto arrivare e per questo motivo non se ne fanno una ragione. Con l'acquisizione della Fiorentina Rocco Commisso ha scioccato non solo Firenze ma il mondo del calcio italiano e con il suo unico comportamento ha alienato giornalisti e giornalai che continuano a soffiare sui sospetti di ‘appartenenze’ dubbie senza però avere alcun elemento concreto se non lo straordinario successo di un ‘emigrante’ che si è fatto da sé. È naturale quindi che le allusioni facciano infuriare il proprietario di Mediacom e della Fiorentina. Io credo che il suo irrompere nella scena calcistica italiana e in particolare in una piazza ‘nobile’ quale quella di Firenze abbia dato fastidio a chi in queste realtà era abituato a navigare con impunità. Non sapendo, lor signori, che non esiste nessuna legge che dice che il proprietario di una società calcistica debba essere per forza autoctono o comunque italiano. Io dico basta con certe storie. A chi non se ne fa una ragione vorrei dire che Rocco non è l’unico americano (o straniero) che ha investito nel calcio italiano. Basti pensare ai patron della Roma (Friedkin, americano), dell’Inter (Suning Holdings Group, cinese), Spezia (Robert Platek, americano), Milan (Elliott Management Corporation, società americana), Venezia (Duncan L. Niederauer, americano), Bologna (Giuseppe "Joey" Saputo, canadese) e altri, ma nessuno è staro mai “calunniato” e riempito di baggianate come Commisso. Se le accuse mosse contro Rocco fossero solo per partito preso e non comprovate dai fatti allora ci troveremmo di fronte a un ‘assassinio caratteriale’ le cui ramificazioni potrebbero danneggiare non solo l’immagine della Fiorentina, ma il calcio italiano in generale. Puntare il dito del dubbio contro Rocco Commisso (come nel caso della Gazzetta) accusandolo tra le righe di essere non solo un ‘don’ ma anche “un gangster” solo perché con il suo schietto parlare tenta di rispondere per filo e per segno alle insinuazioni infamanti di qualche giornalista (forse più di uno), allora signori questo significa denigrare non solo Rocco ma intere generazioni di italoamericani. È già di per se aberrante dimenticare le battaglie degli oltre 200 anni di storia della nostra emigrazione, una diaspora epocale le cui ferite non sono ancora emarginate, ma sputare sulle nostre vittorie, sulla nostra memoria, su quelli che col sangue hanno consentito a noi e ai nostri figli di eccellere in un Paese dove la “conquista della felicità” è parte della Costituzione, è umiliante e mortificante: per Rocco e per tutti gli italoamericani. Ma che ne sa di tutto questo l'autore dello squallido articolo della Gazzetta? Il comportamento del giornalista, o meglio dell’“erudito giornalaio” che dall'altare delle pagine del quotidiano sportivo di Cairo ha pontificato senza ragione né fatti catalogando Rocco come “gangster”, è semplicemente vergognoso per l’intera categoria dei giornalisti. E squallido. Voglio sperare che le sue opinioni, per quanto risibili e screditanti, rappresentino solo il suo pensiero e non quello dei suoi colleghi. Ho la sensazione, se non la certezza tuttavia, che l’opinione che la stampa italiana in generale ha dello “zio d’America” sia anche oggi largamente diffusa non solo nell'elite della “casta”, ma soprattutto tra quelli che di questa elite si considerano intoccabili. Costi quel che costi. Anche se bisogna essere squallidi. Io, dalla mia parte, continuerò a difendere l'amico Rocco Commisso. Non perché plurimiliardario o perchè diriga una delle più grandi aziende multimediali Usa. Ma perché Rocco è uno di noi. Sono e sarò con lui perché Rocco Commisso è un esempio da emulare e da rispettare; come lo sono milioni di italoamericani, uomini e donne. A questi nessuno può negare il diritto al successo. Nemmeno lo squallido articolo di un giornale"
















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